Il ruolo dello storico

Già qualche anno fa espressi il mio pensiero sul ruolo della Storia in una breve poesia.

È quindi quasi una conseguenza obbligata dedicare un pensiero anche al ruolo dello storico il quale, a mio avviso, ha cambiato notevolmente la sua funzione.

Nel lontano passato più che di Storia si parlava di leggende. Questo perché non essendoci altri mezzi, l’informazione avveniva con il passaparola. Inoltre c’è da aggiungere che la scrittura era in massima parte strumento nelle meni di religiosi o potenti che ne facevano uso per diffondere le dottrine e le leggi.

Di conseguenza i fatti rilevanti che avvenivano a segnare il percorso di un popolo o di uno stato erano sicuramente storie riportate di voci che gli stessi testimoni oculari o coloro che li avevano vissuti in prima persona arricchivano con particolari o con scenari che in qualche modo si discostavano dalla realtà a sfavore della quale giocava in maniera significativa anche il fattore tempo.

Chi riusciva ad avere salva la vita da una sanguinosa battaglia, magari raccontava i fatti a distanza di tempi molto lunghi, a volte di anni vista la durata delle guerre dell’epoca.

Ne sono prova l’Iliade e l’Odissea che furono composte da Omero intorno al 720 ac, cioè circa 5 secoli dopo la guerra di Troia. In aggiunta queste famose opere furono tramandate oralmente fino al IV secolo (circa 500 ac) quando Pisistrato decise di riportarle in forma scritta.

Quindi se ne deduce che in primo luogo Omero non è stato assolutamente testimone dei fatti, e che tali opere sono state con grande probabilità suscettibili di piccole modificazioni durante il periodo di circa due secoli i cui furono tramandate oralmente.

Per non parlare poi della “Septuaginta” la versione dell’attuale Antico Testamento ottenuta dopo l’elaborazione da parte di settantadue saggi della versione greca a sua volta ricavata dal testo ebraico già precedentemente ottenuto da altri testi ancora più antichi.

Queste considerazioni valgono per gran parte della Storia Classica oltre a tutta la cultura antica, che fin quando non fu tramutata in opere scritte può aver subito alterazioni rispetto ai fatti accaduti. Resta pur vero che per uno stesso evento esistono magari delle testimonianze di fonti diverse la cui comparazione può consentire di avere un quadro più vicino a ciò che è veramente successo. Purtroppo non sempre è così.

In alcuni casi invece la sorte ci ha dato la possibilità di avere testimonianze vere e quantomeno attendibili circa la Storia, grazie a personaggi che hanno avuto modo di seguire un determinato fatto o evento in prima persona e che ne hanno lasciato traccia pressoché veritiera come nel caso di Plinio il Giovane che nel 79 dc ebbe modo di assistere all’eruzione del Vesuvio e la conseguente distruzione di Pompei osservando ciò che stava accadendo dalla casa di suo zio Plinio il Vecchio a Misano, che nel tentativo di accorrere in soccorso della popolazione in pericolo perse la vita. La testimonianza di Plinio il Giovane fu riportata in una lettera a Tacito che ne racconta i fatti in modo dettagliato.

Nei secoli seguenti le cose non sono andate poi tanto diversamente, perché a seguito della caduta dell’Impero Romano il sempre crescente potere assunto dalla chiesa fece sì che la Storia venisse riportata dai loro scriba che relegati nei conventi o nelle abbazie, erano gli unici a conoscere l’arte della scrittura amanuense. Quindi, se si vuole, la cultura di quel tempo era in qualche modo viziata dall’autorità che gestiva il potere e che era l’unica ad avere accesso alle fonti storiche del passato, almeno quelle più significative ed importanti, tutt’oggi nascoste negli achivi segreti del Vaticano.

Solo quando la scrittura riuscì a svincolarsi dalle mani di questo potere, si cominciò ad avere una più reale rappresentazione dei fatti storici che ora venivano riportati da chi in qualche modo li aveva vissuti o che comunque, pur se riportati come racconti, risalivano a tempi passati relativamente brevi calcolabili in qualche decennio e non più in secoli

Ma bisogna arrivare all’avvento della comunicazione di massa per poter essere in grado di raccontare la Storia vera.

L’alfabetizzazione e il sempre screscente numero di scrittori che si dedicarono a riportare la storia nei loro libri fece in modo che il loro racconti aderissero sempre più ai fatti accaduti e che quindi ci fosse una sempre maggiore certezza di quanto gli avvenimenti fossero riportati in maniera pressoché veritiera.

Infatti molti degli storici del recente passato non sempre erano stati protagonisti veri come invece lo fu Rigoni Stern, per fare un esempio, pur se Rigoni Stern non fu uno storico.

Quindi riportare la Storia è un impegno che richiede molta attenzione e che se svolto in maniera approssimativa e non documentata rischia di stravolgere completamente i fatti accaduti scivolando in una sorta di manipolazione, specialmente se voluta.

Fortunatamente, a dispetto delle molteplici difficoltà nel cercare di riportare i fatti più fedelmente possibile e nel modo in cui sono accaduti, sono molti gli storici che affrontano questo impegno con serietà e coscienza.

Purtroppo però se da un lato oggigiorno è più facile reperire testimonianze certe grazie ai media (filmati, registrazioni audio, fotografie, etc.) è pur vero che il ruolo dello storico così come lo si è inteso nel passato rischia di essere stravolto proprio dalla più facile reperibilità di questo materiale messo a disposizione dai media e dalla comunicazione di massa.

Infatti se è vero che l’utilizzo di tale materiale potrebbe ridurne il ruolo a quello di semplice reporter e quindi al classico giornalismo, altrettanto vale per chi si avventura a volerne dare una interpretazione personale, magari azzardando considerazioni e osservazioni al fine di capire meglio il perché o per quale ragione certi fatti siano avvenuti, ne farebbe invece un mero opinionista ben lontano dalla figura dello storico vero, che per definizione non dovrebbe né togliere né aggiungere alcunché, tantomeno del suo.

27-07-2021

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