Disadattamento

Il nascituro nei suoi primi anni di vita necessita delle cure e delle attenzioni genitoriali, in particolare materne, per adattarsi alla vita in questo mondo.
Ha bisogno di qualcuno che lo aiuti a mangiare, a camminare e ad apprendere i primi rudimenti dell’uso del linguaggio necessario per comunicare in maniera più evoluta della semplice gestualità o dell’espressione del viso o del pianto.
Il pianto è il primo sintomo della sua difficoltà a comunicare e ad adattarsi alla vita. Questo tentativo di adattamento è un’impresa mastodontica che deve affrontare sin dai primi giorni e non saprebbe certamente come cavarsela se non avesse l’aiuto materno.
Aiuto che già in questa prima fase si manifesta in una sorta di indottrinamento alle consuetudini dettate dall’esperienza di vita. L’aiuto materno si concretizza nel trasmettere al nascituro l’esperienza genitoriale. Quindi rispettare gli orari stabiliti per i pasti e per il riposo, poi per lo svago e per il rispetto delle basilari regole famigliari.
Successivamente le regole diventano più stringenti e ferree quando la guida genitoriale si tramuta in educazione. L’educazione è una sorta di ammaestramento a cui il bambino viene sottoposto affinché il suo comportamento risponda ai requisiti che richiede la società.
Ed è proprio in questa fase che egli manifesta la sua avversione a questa disciplina imposta, mostrando il suo disappunto con quella che viene in genere definita disobbedienza.
In realtà il bambino, per quanto ignaro di cosa gli stia succedendo, per una sorta di innato istinto percepisce suo malgrado la forzatura a cui è sottoposto e che limita o impedisce la sua libertà espressiva, la sua voglia di sperimentare e di esplorare quel mondo in cui inconsapevolmente è stato partorito, seguendo il suo istinto e non i dettami e gli indottrinamenti che gli vengono ogni giorno impartiti.
Ma egli poco può contro l’impeto educativo che riceve in famiglia, né tantomeno quando poi, oltre alla famiglia, si affianca un’altra forma di educazione che deve affrontare e cioè l’istruzione scolastica.
Istruire significa sì fornire delle nozioni di conoscenza delle materie, ma anche il rispetto rigido delle regole di quella società che lo vede coinvolto con figure non più famigliari a lui sconosciute, che parlano di materie e di nozioni astruse ma che è costretto ad imparare. Leggere, scrivere, fare di calcolo, raggiungere risultati.
Un meccanismo perverso che lo vede spesso in difficoltà, soprattutto in quei casi in cui l’istinto individuale di sperimentare ed esplorare il mondo non coincide con i metodi di conoscenza imposti dal sistema educativo.
Ed ecco che quando con l’età l’individuo ancor giovane non riesce a trovare affinità, allineamento e conformità con questo sistema, allora il rischio è quello di trovarsi in una condizione di disadattamento.
Parola dal duplice significato che sta a significare dal punto di vista della società che non sei adatto al sistema, dall’altro, cioè da parte dell’individuo, che non si sente adatto, cioè comodo nel doversi confrontare con un sistema che non gli si addice.

14-10-2019

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