Il corpo è mio

In una società improntata al consumismo e all’economia è strettamente legato il concetto di proprietà. In questo contesto sociale si è spinti e condizionati ad acquistare qualsiasi cosa possa costituire un oggetto di proprietà, dalla casa agli utensili, all’auto, la barca, gli abiti e ogni altra cosa che possa diventare di nostra proprietà.

Tutto ciò ci fa dimenticare che a prescindere da ogni altra considerazione siamo già proprietari di qualcosa che non necessita di essere acquistata e cioè il nostro corpo.Il nostro corpo ci appartiene sin dalla nascita e ci accompagna tutta la vita fino alla morte.

Sottovalutare l’importanza di questo concetto significa non dare la giusta importanza ad una proprietà inestimabile che dobbiamo mantenere e difendere in ogni momento della nostra esistenza. Purtroppo inevitabilmente diamo per scontato tutto questo, magari senza neanche soffermarci sul vero significato che ne deriva, sottovalutando molti aspetti che però si ripercuotono inevitabilmente sul di noi in determinate circostanze. Infatti possono verificarsi situazioni ed eventi in cui il nostro corpo è messo in pericolo o a rischio e diventa difficile, talvolta impossibile, garantirne l’incolumità. Immaginiamo per esempio in caso di un conflitto bellico dove oltre alla possibilità di rimanere feriti c’è anche quella di essere colpiti mortalmente. Oppure in caso di incidente dove si può rimanere gravemente offesi e subire danni irreparabili come la disabilità.

In effetti del nostro copro ce ne occupiamo, in maniera talvolta eccessiva, quando ci si ammala e si deve ricorrere a cure mediche. Allora non esitiamo a prendere medicine o a sottoporci ad interventi chirurgici pur di tornare in salute. Ma a ben vedere, tutto questo non lo facciamo a beneficio del nostro corpo bensì con il solo scopo di mantenerci in salute per garantire la nostra esistenza in vita. A conferma che quello che ci preme di più è la nostra vita, non il nostro corpo, nella speranza che essa si allunghi il più possibile. Da sempre l’uomo si è prodigato in mille modi nella speranza di scoprire l’elisir di lunga vita, un’illusione che ha accompagnato la presenza dell’uomo sulla Terra. Quello su cui però sarebbe bene riflettere è un altro aspetto legato al corpo che può apparire come simbolico ma che in effetti racchiude tutta una serie di significati di importanza fondamentale, anzi dire vitale.

Partiamo dal saluto. Quello romano consisteva nell’alzare il braccio e mostrare il palmo vuoto della mano, in segno di essere libero dall’impugnare un’arma. Solo in virtù di una amicizia o di una più approfondita conoscenza ci si stringeva reciprocamente l’avambraccio. Oggi è d’uso stringere la mano a sconosciuti nel momento in cui ci si incontra per la prima volta e ci si presenta o anche fra persone che si conoscono e che si rincontrano. Ma a chi non è capitato di provare una sorta di irritazione nel ricevere una pacca sulla spalla da uno sconosciuto o una toccata di gomito, o la mano sull’avambraccio come per tentare un approccio confidenziale? È non vi è mai capitato di provare una sorta di irritazione più o meno accentuata nel trovarvi accalcati in fila o su un mezzo pubblico, o in altre situazioni analoghe? Magari sono occasioni che si manifestano solo nelle grandi città e con una frequenza quotidiana che alla fine l’abitudine smorza o attenua quella sensazione di disagio tale che non la si nota neanche più, a meno che qualcuno non ci respiri addosso o ci aliti sul collo. Ebbene questa spiacevole sensazione nasce dal fatto che secondo alcune teorie il nostro corpo è avvolto da un alone invisibile chiamato aura e che sarebbe una sorta di involucro che stabilisce la distanza di sicurezza al fine di preservarne l’incolumità. Ci sono persone così sensibili che provano una profonda avversione ad essere avvicinate e addirittura toccate da altri che siano sconosciuti o che non siano di loro gradimento. Infatti l’aura funzionerebbe come una sorta di calamita che emette e riceve vibrazioni e attrae o respinge rispettivamente quelle che sono o non sono in sintonia. Questi aspetti esoterici possono essere confutati o meno ma resta il fatto che perfino gli animali si comportano allo stesso modo e per esempio perfino quelli domestici come cani e gatti non si lasciano avvicinare da persone a loro sconosciute che pur con le migliori intenzioni tentassero di carezzarli. Il che sta a dimostrare che preservare l’incolumità del proprio corpo è un istinto che appartiene a tutti gli esseri viventi.

Purtroppo l’uomo è un essere perverso e tra gli altri suoi istinti c’è quello della prevaricazione e troppo spesso ne fa uso per aggredire i suoi simili al solo scopo di ottenere una supremazia fisica e quindi una sorta di potere. Perciò non esita a ricorrere all’uso della violenza per ferire, mutilare, torturare o addirittura sopprimere coloro che ritiene suoi nemici. Questo aspetto del comportamento umano è il più terrificante perché viola in modo cruento e inesorabile l’integrità del corpo.

Ma ci sono molti altri modi di intervenire sul corpo di qualcuno con le più disparate motivazioni. Alcune di esse propugnate e sostenute da nobili principi come quello della medicina atta a intervenire laddove il corpo difetta della sua interezza a causa di malattie più o meno gravi che richiedono interventi spesso invasivi se non addirittura drastici e radicali. Ma non si devono dimenticare anche quelle terapie preventive atte a evitare il contagio da malattie virali, come le vaccinazioni obbligatorie che sono state al centro di contestazione da parte di dissidenti definiti “NoVax” i quali intravedevano in determinate situazioni un abuso indiscriminato e subdolamente invasivo dell’uso dei vaccini. In tempi recenti queste motivazioni sono state spesso al centro di controversie e contestazioni quando l’ostinazione con cui certi interventi o certe terapie mediche venivano motivate da ragioni che vanno ben oltre le sole finalità di ottenere la guarigione del malato e garantirne la buona salute. In particolare ci sono stati casi di cronaca in cui il malato in condizioni gravissime di inabilità, di incapacità motoria e intellettiva veniva sottoposto a cure di terapia senza alcuna possibilità di successo. I casi che si sono verificati hanno sollevato una questione morale di rilevante importanza giacché ha riproposto in maniera forte il significato della vita e dell’esistenza e del ricorso all’eutanasia. È noto che secondo la dottrina cattolica la chiesa ritiene la vita è un dono di dio e conseguentemente se ne potrebbe dedurre che anche il corpo appartiene a dio, dal momento che senza un corpo non c’è vita. Ma da questo principio religioso scaturiscono tutta una vasta gamma di considerazioni di carattere filosofico, etico, morale oltre che religioso. L’eutanasia infatti, benché praticata in paesi diversi dal nostro, è per la chiesa cattolica una pratica che va contro il principio sopra menzionato. Quindi l’individuo non può di sua iniziativa disporre a suo piacimento le sorti del proprio corpo né, di conseguenza, della propria vita. E’ evidente che tale principio si scontra con quanto esposto all’inizio di questo scritto, e cioè che il corpo è l’unica proprietà che un essere umano possiede sopra ogni cosa, perché senza un corpo la sua identità fisica e morale non esisterebbe. Questa diatriba comporta l’impossibilità di ciascun individuo di disporre del proprio corpo nonostante ne sia l’unico vero proprietario. Alla stessa stregua dell’eutanasia la chiesa cattolica condanna il suicidio come peccato mortale.

Può sembrare scontato ma è bene ricordare che la rinuncia volontaria della propria esistenza nasconde motivazioni personali che vanno ben oltre qualsiasi principio filosofico, morale, religioso. Si tratta in definitiva del non riuscire più a condurre e gestire in maniera autonoma la propria vita avendo perso ogni valida motivazione che ne sostenga la necessità.

Si può quindi affermare che il diritto all’autodeterminazione è inalienabile a prescindere da ogni altro principio, sempre che non arrechi danno ad altrui.

06-12-2020

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