Lettera a mio figlio

Con malavoglia mia accingo a scriverti queste poche righe perché so che appena avrò finito vorrò cambiare molte cose che ho scritto per dire tutto il contrario.
Però sento il dovere di cominciare da qualche parte per raccontarti quello che c’è “dietro le quinte”.
Il motivo è semplice: tra genitori e figli non c’è mai abbastanza dialogo (soprattutto per via dell’età) e quando i figli potrebbero essere in età matura per comprendere, i genitori sono troppo stanchi per spiegare. Così io, come penso tutti, ho faticato molto per riuscire a interpretare il modo di pensare dei miei genitori (tuoi nonni) per capire i loro sforzi, i loro errori, il loro affetto e il loro dolore.
Si passa una vita insieme e una vita non basta per capirsi. Ho faticato molto per capire tutto questo e alla fine mi rendo conto che ho giocato una partita a carte tutta da solo. Non saprò mai se ho dato la giusta interpretazione ai loro sforzi, al loro lavoro, al loro amore. Mi hanno insegnato tutto quello che sapevano ma non so nulla di quello che loro erano veramente.
Perciò vorrei che da queste righe tu possa avere qualche spunto e qualche traccia se mai volessi sapere chi è tuo padre.
La vita è un gran mistero per tutti ma quasi tutti facciamo finta di sapere cosa è.
In questo ci aiuta il lavoro che dandoci il sostentamento ci da anche la certezza di poter avere certe comodità. Poi c’è la famiglia che con il suo balletto di relazioni costituisce una gran difesa contro la solitudine. Anche gli amici ci danno gran conforto per vivere in allegria ogni momento della nostra vita. E poi ci siamo noi. Ciascuno di noi è il perfetto sconosciuto di se stesso. Abbiamo nome e cognome ma pochi si conoscono veramente. Per riuscire a sapere veramente chi siamo dobbiamo lottare e talvolta è una lotta inutile.
Io ho lottato tutta la mia vita per capire chi sono e ancor oggi stento a capirlo. Ho percorso le strade che tutti seguono perché è il modo più facile per identificarsi con la società. Poi mi sono accorto che qualche cosa non era esattamente come avrei voluto che fosse e pian piano ho cercato di dare alle cose un significato diverso: il mio significato. Non avrei potuto commettere errore più grande: ho svuotato il significato di tutto quello che avevo fatto fino a quel momento per ritrovarmi a dover costruire tutto da capo parola per parola, mattone per mattone, pensiero per pensiero.

È vero, ho contestato tutto quello che era contestabile e ho rigettato ogni cosa che non mi piacesse.
Per troppo tempo ho avuto la sensazione che il mondo (o almeno la vita nelle grandi metropoli) fosse come vivere in un grande Luna Park dove tutto è divertimento, confusione, luci colorate e ruote che girano, musiche e zucchero filato, fuochi d’artificio e marionette. Si fa la fila al supermercato come si fa la fila per la ruota panoramica. Si sta in mezzo al traffico così come si corre sulle macchinine a scontro. Si mettono i soldi nei distributori automatici di sigarette così come si mettono i gettoni nei flipper o nelle slot machine. Una delusione!

Alla fine mi sono domandato: ma che differenza fa vivere una vita al luna park o viverla fuori ?
Risposta: nessuna. Basta fare ciò che più ti piace. Perché una cosa importante che nessuno ti insegna mai è che nella vita non ci sono regole.
Sembra paradossale in un mondo dove anche per andare al gabinetto devi rispettare i segnali (c’è quello per uomini e quello per signore). Ma queste sono le regole del vivere sociale. Nessuno però ti può obbligare a fare il barman piuttosto che l’ingegnere, a fare il pescatore piuttosto che il chirurgo (tutto al più possono fare in modo che tu non ci riesca). Puoi anche scegliere di farti prete o vivere da barbone sotto i ponti. Queste sono scelte individuali che sfuggono a qualsiasi regola.

Troppo spesso però non scegliamo liberamente ma siamo condizionati a scegliere in base alle situazioni, agli eventi, alle conoscenze.
Ed è per questo che poi ci troviamo a fare ciò che non volgiamo e non facciamo ciò che avremmo voluto. E si va avanti così con una insoddisfazione sull’altra, con una frustrazione continua che ci toglie il sorriso e ci rende la vita triste e pesante. E quando poi si parla con gli amici è di questo che si parla: delle insoddisfazioni, dei malumori, delle frustrazioni, delle paure, delle speranze.
Così attorno hai persone che sembrano perfide, malvagie, arroganti e presuntuose. Invece sono tutti esseri che si portano dietro il loro fardello, schiavi dei loro errori, vittime della loro incapacità di liberarsi. Esattamente come me.

Non giudicarli mai perché non è facile scegliere la giusta via.
Abbi sempre una buona dose di compassione per tutti.
La tua fatica di vivere è la fatica di tutti gli esseri viventi.
Segui sempre il tuo cuore. La sua voce è debole perciò resta in silenzio se vuoi ascoltarla bene.
Se devi scegliere fra sacrificare la tua serenità interore e la soddisfazione altrui cerca di essere egoista almeno questa volta. La tua serenità interiore è troppo preziosa per te e per chi ti è vicino.

Ti sto scrivendo come chi ha capito tutto della vita e invece sono ancora in alto mare e senza salvagente. Forse domani non sarò così sicuro di aver scritto le cose giuste e potrei affermare il contrario di tutto ciò che hai letto. Del resto il passato è passato e il futuro è troppo lontano e sconosciuto. Perciò vivi ora, ogni attimo, goditi questo istante, ogni istante e fa che ogni momento che vivi tu possa dire che ne è valsa la pena.

Con amore
Tuo padre

02-01-2004

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