La pubblicità è l’anima del commercio

È un vecchio detto ben noto ai commercianti e a qualunque azienda che intenda incentivare l’acquisto dei propri prodotti. Non a caso la TV è presa d’assalto da centinaia di intervalli pubblicitari che quasi superano in durata i programmi stessi. Dare visibilità alle mercanzie è il modo più accattivante e diretto di far presa sui potenziali acquirenti. Ne è la prova un altro detto molto popolare, almeno tra i romani, che recita: chi nun mostra nun vende”.
Ma il rovescio della medaglia è che la troppa pubblicità tende poi ad irritare lo spettatore che si sente quasi costretto a subirla e di conseguenza a rigettarla come se si sentisse vittima di una sorta di lavaggio del cervello. Il messaggio subliminale che potremmo ipotizzare è: se non compri sarai costretto a vedermi fino alla nausea.
Ma la mente umana ha le sue stranezze e per un naturale meccanismo psicologico certe espressioni o certe scene pubblicitarie entrano a far parte dell’immaginario collettivo tanto da diventare parte del linguaggio quotidiano. Non è difficile infatti, che per esprimere con ironia lo stereotipo della famiglia perfetta si usi con scherno l’esempio del Mulino Bianco. O che per prendere in giro un incontentabile non si ricorra all’espressione “Che cosa vuoi di più? Un amaro Lucano!”.
Con questo processo psicologico si arriva a stigmatizzare certi prodotti o certe situazioni che automaticamente passano da stereotipi a simboli. E come si sa i simboli possono avere molti significati e molteplici interpretazioni.
Purtroppo, quando questi simboli sono il risultato di una martellante imposizione pubblicitaria possono generare il duplice effetto di rifiuto o di strumento di offesa. Se infatti la televisione è un potente mezzo di informazione, dall’altro lato può irritare e infastidire fino a rendere gli annunci ripetitivi e ossessivi fino a scatenare una repressa repulsione che poi si sfoga manifesta nei modo e nei tempi meno prevedibili.
Ne sono esempio il così detto “razzismo” verso gli immigrati da parte dei “nazionalisti e/o buonisti” (nonostante dubito che tale categoria di persone sappia il vero significato di razzismo) dovuto alle continue e interminabili trasmissioni dedicate negli ultimi tempi a tale fenomeno. Oppure quelle orribili e idiote manifestazioni di antisemitismo che danno mostra di sé con le scritte sui muri.
Del resto l’ignoranza alberga proprio negli ambienti più facinorosi ed esaltati e si alimenta proprio di quella tipologia di campagna pubblicitaria che, volutamente o meno, è come un lavaggio del cervello, indirizzata proprio a quelle menti tumefatte che non riescono a capirne il senso.
Poi ci si stupisce che il nome di Anna Frank venga preso a prestito e usato come arma di insulto in campo calcistico nelle contese fra opposte fazioni.
Ci si stupisce quando in un cimitero francese si deturpano in maniera disumana e senza rispetto alcuno per i poveri defunti, le lapidi e le tombe degli ebrei proprio alla fine della ricorrenza dei “Giorni della Memoria” rammentati con insistenza per esser certi che non vengano dimenticati.
Ci si stupisce e ci si indigna se gli uomini più deboli e mentalmente instabili aggrediscono le loro donne che ne hanno fin troppo delle loro arroganti debolezze, dopo che per anni si è rivendicato un femminismo politico anziché sociale.
Ci si stupisce e ci si indigna se si scopre che all’interno del clero avvengono fatti sconcertanti di pedofilia come se i suoi componenti fossero tutte persone santificate e immuni dal peccato anziché esseri umani con la tunica, ma soprattutto geneticamente modificate da una dottrina artatamente settaria.
Sia ben chiaro che la Storia non si cancella e la si costruisce giorno dopo giorno.
Purtroppo la Storia ha più pagine di orrore che di belle notizie e questo è dovuto proprio dal fatto che ogni giorno ognuno di noi scrive la sua pagina di vergogna.
Oggi io scrivo la mia e me ne vergogno perché se ci fossero accadimenti diversi ne avrei fatto volentieri a meno. Ma non riesco a chiudere gli occhi davanti alla stupidità umana.

01-03-2019

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