Faber est suae quisque fortunae

Ognuno è artefice del suo destino.

Così recita questo detto latino (simile o forse ripreso da un analogo pensiero di Eraclito) che per una volta non mi trova in accordo con la lucida filosofia dei romani antichi.
Se così fosse infatti, per prima cosa sceglierei come dove e quando nascere.
Se poi, come sottende la frase, avessi il diritto di poter decidere della mia sorte deciderei se andare o no a scuola, al lavoro e assolvere tutta quella serie di altri obblighi a cui ciascun individuo nella società deve sottomettersi.
Ma forse i latini intendevano dire che all’interno di una libertà ristretta e condizionata, cioè dopo aver assolto tutti i compiti e doveri imposti dalle regole sociali, si ha la possibilità di scegliere cosa fare della propria vita.
In qualche modo questo corrisponde in parte alla realtà.
Perché in seguito, prescindendo da altre regole non scritte che rientrano nelle convenzioni, si può scegliere di rinunciare al matrimonio e magari anche ai figli, di fare viaggi comodi o rischiare la vita in avventurosi percorsi negli angoli più remoti e impervi della terra.
Ma a dimostrazione che non possiamo controllare il nostro destino resta pur sempre il fatto che ci sono gli imprevisti dietro l’angolo a decidere per noi. E questo può accadere in ogni momento nelle situazioni più disparate ed inimmaginabili.
Terremoti, inondazioni e cataclismi vari sono gli esempi più immediati che si possono fare ai quali si aggiungono gli incedenti, le malattie e altre funeste disgrazie di ogni sorta che andrebbero a trasformare la nostra “fortuna” in sfortuna.

La vita in questo mondo non è facile e di solito si manifesta come una lotta per la sopravvivenza.
Solo la buona sorte, ci può aiutare. Ma questa, contrariamente al detto latino, non è in nostro potere.

 © Copyright Mariano Serrecchia 2016

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