Genitori

Avevo sette anni o forse otto e mio nonno la sera era solito raccontarmi delle storie. Spesso erano i ricordi della guerra che aveva combattuto sul Piave durante il 1915-1918, altre volte storie del suo paese che aveva lasciato per trasferirsi a Roma.
Una di quelle sere mi raccontò un aneddoto che solo ora ho la sensazione gli sia stato tramandato dai suoi genitori perché parlava di un ragazzo condannato all’impiccagione, che per fortuna non è più praticata ormai da qualche secolo.
Dunque, la storia è di questo giovanetto che per aver commesso gravi reati e poi ucciso qualcuno che lo aveva sorpreso a rubare fu dapprima rinchiuso in anguste prigioni in attesa della sentenza di condanna e poi, al giorno stabilito, condotto sul patibolo per l’esecuzione. Dopo la rituale benedizione del prete che lo invitava a pentirsi dei peccati commessi, gli fu chiesto se avesse un ultimo desiderio da esprimere ed egli rispose che voleva dare un ultimo saluto alla madre.
La poveretta, affranta, versava in lacrime inginocchiata ai piedi del patibolo, tristemente afflitta per la sorte che l’amato figliolo stava per incontrare. Il boia l’accompagnò su per le scale facendola avvicinare al figlio che con il cappio al collo e le mani legate dietro la schiena non poteva nemmeno abbracciarla. Perciò le chiese di avvicinarsi a lui per poterle confidare l’ultimo suo desiderio. Ed ella gli si accostò al viso. Ma lui le disse di accostarsi di più alla sua bocca con l’orecchio per meglio ascoltare le sue parole. E appena ella pose l’orecchio vicino alla sua bocca, quel figlio disgraziato glielo stacco di netto con un morso. La madre si allontanò urlante e sanguinante e inorridita gli chiese il perché di quell’insano gesto. E lui con voce ferma le rispose “Così ricorderai che se mi avessi punito la prima volta quando da ragazzino rubai una mela ora non mi troverei qui a subire questa sorte”.

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